Quando ero nato pensavo che dopo tutto l’apparato uterino non fosse così male. Lo spazio paradossalmente non mancava, rispetto a quello del mondo intero che poi, mio malgrado, mi sono trovato a dover esplorare. Crescevo, e madre mi ricordava spesso che se fossi morto sarebbero stati otto giorni di pianto.
Poi, un giorno, rovistando fra le cartacce ospedaliere mi si arrampicò fra le mani qualcosa di del tutto inaspettato. Scoprii che in realtà ero uno di due gemelli monozigoti. Uguali, insomma. Scoprii che l’altro morì nel parto, “una disgrazia eliminata sul nascere”, pensai. A farmi male però fu notare che a me era stato dato il nome di quel mio fratello morto. Inizialmente fui come interdetto, poi sentii il bisogno di sedermi e riflettere. Ero dunque il surrogato vivo e molto poco considerato di una cosa morta parecchio tempo fa. È come essere figli unici ed essere scambiato comunque per tuo fratello. Una parola: disdicevole.
Disdicevole, Antony Risi