Nursery rhyme of fear

 
Che cos’è la paura? Che cosa si vede attraverso di essa? Cosa può diventare se non la si affronta? Guardo, riguardo i miei disegni e mi accorgo che la maggior parte, o quelli più sentiti, parlano della paura. Della paura e dei bambini.
 
La paura è un naturale messaggio del corpo. Ci mette in guardia contro cose che potrebbero farci del male. Una volta avvertita, per poterla esorcizzare andrebbe guardata, analizzata e affrontata con curiosità e rispetto. Come un bambino che ha paura delle cavallette, che si agita e scappa se ne vede una…specie se questa si mette a saltare. Un giorno, però il bambino si ferma un attimo. La vede. Può chiedersi del perché o del come rispetto allo spavento che prova di fronte a un esserino così inerme. Forse lo fa, forse no. Fatto sta che decide che non vuole più avere paura delle cavallette; Allora tenta di avvicinarsi e di prenderla ma è incerto e le mani gli tremano e allora WIIIISHHHH la cavalletta salta via! Il bimbo si spaventa e vorrebbe scappare ma qualcosa lo fa rimanere immobile. Ha paura, certo, ma non è quello. Sente come un energia, una forza che nonostante il timore lo tiene ancorato lì. E’ concentrato. La cavalletta non si è allontanata molto. Lui ci riprova. Si avvicina misurando ogni passo perché sa che un singolo movimento brusco può farla scappare. Si avvicina sempre di più. Ora comincia a chinarsi. Ce l’ha lì davanti a se. Diavolo, quant’ è brutta una cavalletta…’sti occhi strani, ‘sta bocca a caso. Fa un respiro profondo. Sa che non può tentennare perché sennò gli sfuggirà ancora e comincerà tutto daccapo. Sa che non può usare troppa forza perché finirebbe con lo schiacciarla o comunque farle del male. Va bene, è pronto. Ha paura, ma è pronto. Uno…due….tre! Presa! Ora ce l’ha in mano. La guarda, tenendola distante. Ruota il polso in tutte le direzioni per studiarla bene. Poi se l’avvicina agli occhi per osservarla da vicino. Riflette su quello che sta provando: un misto di paura, curiosità e soddisfazione. Il bambino è contento, e ora vuole lasciarla andare. Sa che molto probabilmente quando la lascerà, questa spiccherà il volo e quindi decide di lanciarla. Non con violenza, ma semplicemente le darà una piccola spinta per andarsene. Infatti la cavalletta prende il volo e il bimbo resta fermo ancora un po’, a pensare, prima di andarsene via.
 
Quest’aneddoto riassume quello che per me è un modo sano ed equilibrato di affrontare la paura; messaggio totalmente naturale, seppur a volte, razionalmente non giustificato. Affrontarla, senza permetterle di crescere, di trasformarsi in qualcosa di peggio: la paura di avere paura. Questo è un germe che nasce e debilita; e che spesso può essere scambiato per semplice timore. La paura di avere paura ci fa chiudere in noi stessi, creando muri, barriere. Ci fa nascondere e diventare ciechi. Questo fa il bambino della mia storia che vedete illustrata qui sopra. Così piccolo e spaventato dal vuoto ( o il pieno? ) che lo circonda decide di isolarsi in un minuscolo spazio. Rifugio che non gli da comunque un vero piacere perchè in cuor suo comprende la situazione; ma sopratutto, come se si sentisse osservato compie l’ultimo gesto. Spegne la luce, si annulla. Azzurra ci ha regalato parecchie bellissime immagini con la sua filastrocca, mentre io, seguendo i suoi versi ho cercato il gesto essenziale che racchiudesse tutte quelle immagini. L’essenza della paura di avere paura: il chiudersi, l’annullarsi.

 

Filastrocca della paura, poesia di Azzurra d’Agostino, disegni di Antony Risi

 

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